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Dalla passione per il ciclismo all’impegno per la terra
Era il 1935 quando Giuseppe Olmo è conosciuto come Gepin – passò alla storia segnando il Record dell’Ora. Olmo conosceva il valore della fatica, sapeva come ogni sportivo che ogni traguardo è il frutto di sacrificio e tenacia. Veniva da una famiglia semplice, seppe farsi da solo: la terra era per lui rifugio e sostentamento, bellezza e responsabilità. Quando acquistò la Tenuta di Artimino, negli anni ’80, era un imprenditore di successo che con lungimiranza guardava al futuro.
La Tenuta aveva alle spalle una storia importante: una terra già abitata dal popolo etrusco, poi borgo medievale turrito e sulla fine del XVI secolo luogo amato dalla famiglia Medici. Ferdinando I de’ Medici nel 1596 decise di costruire qui la sua dimora di caccia, oggi Villa Medicea La Ferdinanda, patrimonio Unesco. Culla di arti, bien vivre e di vino fin da quando ne abbiamo memoria, come da testimonianze illustri, che fanno de la Villa Medicea di Artimino un luogo unico.
Una storia antica che vive oggi in ogni bottiglia
Dal 1596, la Villa di Artimino
I Medici amavano Artimino. In particolare Ferdinando I che scriveva il 19 gennaio del 1596 alla moglie Cristina di Lorena: “Sono stato hoggi à Artimino et credami Vostra Altezza che vi ho trovato un Primavera”.
Villa La Ferdinanda venne costruita in soli quattro anni, su disegno del famoso architetto Bernardo Buontalenti. Conosciuta anche come Villa dei Cento Camini, è stata da sempre la residenza di campagna per eccellenza.
Se c’è un luogo dove è nato il vino a Carmignano, quello è senz’altro Artimino.
Sono del 1680 ad esempio i lavori di scasso intorno alla Villa, voluti da Cosimo III de’Medici, colui che qualche anno dopo creò il primo disciplinare ante litteram della storia. Nell’antico archivio della Tenuta, nei sotterranei della Villa, sono ancora conservati antichi documenti legati ai lavori in vigna e alla campagna.
L’amore per Artimino
In un mattino del 1924, qualcuno notò Giuseppe Olmo, mentre tornava da scuola, con i libri legati al telaio della bicicletta. Erano gli anni dei grandi campioni, Binda, Guerra, Bini, Bartali: Olmo con estro e imprevedibilità riuscì a conseguire risultati sportivi sempre più brillanti, che gli valsero le convocazioni in nazionale in occasione dei mondiali del ’31 in Danimarca e delle Olimpiadi del ’32 a Los Angeles. Tanti furono i suoi successi, fino allo storico Record dell’Ora nel 1935: stabilì il nuovo primato con 45,090 chilometri.
La seconda guerra mondiale mise fine alla sua carriera agonistica, ma non certo alla sua intraprendenza e alla sua voglia di ciclismo. Appesa la bicicletta al chiodo, iniziò la sua produzione di biciclette nello stabilimento di Celle Ligure. Al termine del conflitto, affiancò all’industria ligure la produzione di pneumatici e tubolari, creando dal niente aziende che sono oggi un’eccellenza mondiale.
La terza generazione | Annabella Pascale e Francesco Spotorno
L’eredità più grande che Gepin ha saputo lasciare alla sua famiglia sono dei valori senza tempo: il valore della famiglia, il valore del lavoro, la lungimiranza, ma anche il valore della terra come luogo di rifugio e di sostentamento.
Giuseppe Olmo acquistò la Tenuta di Artimino negli anni ’80: amava la campagna toscana, la terra e i suoi frutti, la storia e le bellezze paesaggistiche.
Sapeva, da uomo e da imprenditore, che nessuno avrebbe mai potuto portarcele via, mentre le aziende avrebbero potuto dislocarsi in nuove sedi e le Guerre avrebbero potuto intaccare le produzioni.
Oggi la Tenuta di Artimino è per la famiglia Olmo una casa, un luogo da custodire, un tesoro da valorizzare. Da qualche anno alla guida dell’azienda ci sono Annabella Pascale e Francesco Spotorno Olmo, terza generazione della famiglia.
“Per noi è un grande onore, e una grande responsabilità, occuparci di qualcosa così caro a nostro nonno e alla nostra famiglia. Un progetto volto alla qualità e alla bellezza, alla conservazione del territorio, alla promozione di un prodotto affascinante e ricco di storia, come il nostro vino“.
Annabella Pascale, AD e General Manager
A Carmignano il vino ha una storia antica. Il Carmignano Docg è fra i grandi vini rossi toscani uno dei meno conosciuti. Eppure ha una storia antichissima che in poche denominazioni nel mondo possono vantare, aneddoti affascinanti e sono molti i personaggi illustri che nei secoli ne hanno tessute le lodi. Nel panorama delle grandi denominazioni toscane, il Carmignano ? un vino in parte ancora da scoprire: eppure in passato ha vissuto periodi di grande notorietà ed è stato fortemente apprezzato da nobili, letterati e illustri personalità.
La storia del vino Carmignano Docg inizia se vogliamo con il popolo etrusco, che già in queste zone produceva vino. Il ritrovamento di vasi di vino all?interno di alcune tombe etrusche e l’assegnazione da parte di Cesare ai suoi veterani, tra il 50 e il 60 a.C., di talune terre tra l’Arno e l’Ombrone, ne sono una testimonianza.
Uno dei primi documenti sulla produzione vinicola di queste colline arriva nell’804: era il tempo del Regno di Carlo Magno e suo figlio Pipino. Di questi anni è la pergamena, scritta in latino, in cui si legge che la chiesa di San Pietro a Seano concedeva in uso alcuni terreni con una formula di divisione del raccolto che può essere considerata una sorta di mezzadria “ante litteram”.
Nel ‘300 Francesco Datini, tramite il notaio ed amico carmignanese Ser Lapo Mazzei, ne ordinava per la sua famosa cantina di Prato quindici some. Pagandolo molto di più di quanto fosse il prezzo corrente per i vini più prestigiosi dell’epoca, “un fiorino suggello”. Ancora nel ‘300 il cronista?Domenico Bartoloni parlava dei vini di Carmignano e d’Artimino che sono eccellenti. Tre secoli più tardi, nel suo famoso ditirambo “Bacco in Toscana” (1685), era invece un altro Francesco Redi a lodare il prodotto dei vitigni del Montalbano.
“Ma se giara io prendo in mano
Di brillante Carmignano,
Così grato in sen mi piove,
Ch’ambrosia e nettar non invidio a Giove.
Or questo, che still dall’uve brune
Di vigne sassosissime toscane,
Bevi, Arianna, e tien da lui lontane
Le chiomazzurre Naiadi importune:
Che saria
Gran follia
E bruttissimo peccato,
Bevere il Carmignan quando è innacquato”.
Saranno buoni, dice, i vini francesi come il Claretto di Avignone o anche il Chianti, su cui non c’è niente da eccepire: ma il vino di Artimino e di Carmignano, lascia intendere il poeta, sono tutt’altra cosa.
Questo grande vino da arrosto e da cacciagione, a lungo invecchiamento, si era fatto davvero un buon nome, tanto che nel 1716 il granduca Cosimo III de’ Medici emise prima un decreto e poi un bando con cui stabiliva precise e severe norme per la vendemmia e delimitava la zona di produzione. Il suo editto “Sopra la Dichiarazione de’ confini delle quattro regioni Chianti, Pomino, Carmignano e Valdarno Superiore” definiva i confini di produzione di questo vino e ne dettava alcune norme di commercializzazione, al fine di proteggerlo da contraffazioni o dalla cattiva conservazione. Non dobbiamo inoltre dimenticarci la storia del Cabernet, che viene attribuita a Caterina de’Medici: si racconta infatti che fu lei, regina di Francia, a portare questo vitigno nella zona di Carmignano nel XVI secolo, tanto ne apprezzava la bontà. Tanto che in zona il Cabernet viene ancora oggi chiamato “uva francesca”.
Nel secolo passato vanno sicuramente ricordate le parole di plauso verso il Carmignano che il grande poeta e romanziere Gabriele D’Annunzio ha avuto. Probabilmente conobbe il vino di queste colline durante il suo soggiorno liceale a Prato. Sta di fatto che ne “Le faville del maglio” il nome Carmignano ricorre più di una volta e l’autore, attraverso i suoi ricordi giovanili, ci informa anche sulle qualità organolettiche del vino.
Egli scriveva:
Mio padre ha spillato la botte che odora di Mammola, e quest’anno è contento del Carmignano che egli primo ha maturato nei suoi vigneti de’ Colli per intoscanire la sua terra innanzi di intoscanire il suo primo genito.
Dopo un periodo poco felice, in cui il Carmignano fu inglobato nella denominazione Chianti come sua sotto-zona, dagli anni ’70 questo vino ha ripreso a percorrere fieramente la sua strada con la Doc prima e Docg poi, dal 1990.
Fu finalmente chiaro che Chianti e Carmignano dovevano restare due vini distinti: la storia li aveva resi due fratelli di sangue ma ognuno emergeva per un proprio carattere e una spiccata personalità.
Carmignano Riserva DOCG
Una bottiglia speciale che nasce per celebrare il profondo legame della Tenuta di Artimino con il mondo del ciclismo. Giuseppe Olmo acquistò Tenuta di Artimino negli anni ’80 e da allora la famiglia si prende cura di questo prezioso angolo di storia, paesaggio e cultura in Toscana. La bottiglia riporta in etichetta il Record dell’Ora che Olmo segnò nel 1935. Un Carmignano Riserva che è una selezione di uve, di grande longevità, che continua la sua maturazione in maniera ottimale nel formato magnum.
Carmignano Riserva DOCG
Per i 300 anni dall’editto di Cosimo I de’ Medici è stata creata una limited edition, 1716 bottiglie numerate di Carmignano Riserva Docg, con etichetta in canvas ideata dall’artista di fama internazionale Wessel Huisman..
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