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San Felice, Il Chianti Classico nel mondo ora punta anche il mercato italiano.

Buongiorno a tutti,

qui vi riportiamo l’interessante articolo di Gambero Rosso che parla di San Felice.

Buona lettura!

 


San Felice, Il Chianti Classico nel mondo
ora punta anche il mercato italiano.

(Gambero Rosso maggio 2021 pagine 66/67)

 

 

CARTA DI IDENTITÀ SAN FELICE

 

L’azienda agricola 

1700 ettari – 60 ettari di uliveto – 180 ettari di vigneto:
149 ettari nel Chianti Classico 23 ettari a Montalcino 8 ettari a Bolgheri 1,2 milioni di bottiglie prodotte annualmente 65% export 20 etichette 17 volte Tre Bicchieri

Relais & Chateaux 

29 camere – 31 suite 2 ville – 2 ristoranti

 

 

Nella carta geografica del Chianti Classico. il comune di Castelnuovo Berardenga, a pochi chilometri da Siena, rappresenta la propaggine

meridionale della denominazione. È in questo territorio che ha inizio la lunga storia di San Felice, partendo da un borgo le cui prime tracce risalgono agli inizi dell’VIII secolo, quando questi terreni con i boschi e le case furono oggetto delle controversie tra i vescovi di Arezzo e Siena. La storia recente dell’azienda vinicola, invece, possiamo spostarla molto più avanti nel tempo: protagonista ne fu Giulio Grisaldi del Taja, la cui famiglia entrò in possesso del borgo e dei suoi terreni nel 1700: intuendo le grandi potenzialità agricole della tenuta, il conte intorno agli anni Venti del Novecento investì nelle attività rurali e diede il suo contributo alla fondazione del Consorzio del Chianti Classico. nel 1924.

Nel 1978 San Felice fu acquistato dal Gruppo Allianz, che awiò una profonda opera di rinnovamento del borgo: con la creazione di un’azienda vinicola all’avanguardia e, più tardi, nel 1991, con l’imponente opera di restauro delle strutture e la loro conversione in albergo diffuso. Si tratta dell’unico resort del Chianti Classico all’interno del circuito internazionale dell’hotellerie di lusso Relais&Chateaux. «II centro nevralgico della nostra azienda è qui nel Chianti Classico – spiega il Direttore Generale, Davide Profeti – è la sede principale della nostra attività, il luogo in cui negli anni sono stati portati avanti i progetti di ricerca e sperimentazione che fanno parte del nostro dna. Da questi progetti sono nati i vini più rappresentativi dell’azienda, simboli dell’impegno speso negli anni per la valorizzazione del sangiovese e per la riscoperta e salvaguardia dei vitigni autoctoni che negli scorsi anni hanno rischiato di estinguersi». Ma San Felice non è la sola cantina di un Gruppo che, negli anni, si è guardato intorno in Toscana e ha investito in altri due territori al vertice della vitienologia regionale. «La spinta ad ampliare la nostra presenza nei territori di Montalcino prima e di Bolgheri poi – spiega infatti Profeti – è arrivata grazie ai risultati ottenuti dai nostri vini nella denominazione Chianti Classico e con la volontà precisa di essere presenti nei territori più vocati della Toscana per raggiungere nuovi traguardi di eccellenza». Così a Montalcino troviamo Campogiovanni, «ideale per microclima e suolo per produzione di vini di grande rigore e carattere», con i 65 ettari di proprietà che si adagiano lungo il versante sud-ovest della collina ilcinese: mentre a Bolgheri, in località Le Sondraie, sui tipici terreni limo-sabbiosi della zona, caratterizzata da un clima mediterraneo, sorge Bell’Aja, sei ettari vitati in un unico appezzamento coltivati con cabernet sauvignon e merlot. «II 65% della nostra produzione – afferma il Direttore – viene esportata in quattro continenti e raggiunge 48 Paesi nel mondo: Usa, che assorbono in media il 38% del totale export, e poi Canada, Russia, Regno Unito e Corea del Sud sono le nostre principali piazze, ma nel prossimo futuro abbiamo pensato di rivolgere una particolare attenzione anche al mercato domestico, dove stiamo rafforzando la nostra forza vendite».

 


Cinquant’anni di Vigorello, capostipite dei SuperTuscan

 

Ci sono alcune etichette, non sono molte in realtà, che hanno cambiato la storia del vino italiano. Sicuramente di questo esclusivo club fa parte il Vigorello. tra i prodotti di punta di San Felice. vino iconico che con la vendemmia 2018 spegne cinquanta candeline. «È un compleanno importante, un appuntamento con la storia e non solo di San Felice!». Era il 1968 e in quell’epoca nel Chianti Classico si produceva ancora seguendo la cosiddetta ricetta del Barone Ricasoli in cui, oltre al sangiovese e al canaiolo, era previsto l’utilizzo della malvasia. «li Vigorello rappresentò un punto di rottura – spiega Davide Profeti – un sangiovese in purezza nato dalla visione, direi pionieristica. di Enzo Morganti, all’epoca direttore delle attività vinicole aziendali, che aveva un obbiettivo molto chiaro: dimostrare il potenziale qualitativo dei vini del Chianti Classico donando al sangiovese un ruolo autonomo e di primo piano. Un’intuizione che ha trovato consenso anche presso altri vignaioli chiantigiani, convincendoli ad abbracciare l’idea del sangiovese monovarietale ed estenderla. negli anni successivi al cabernet sauvignon. ai tempi poco diffuso. Progressivamente anche il vitigno bordolese assunse un ruolo chiave nella reputazione dei vini toscani; al punto che nel 1979 Vigorello diventò un blend delle due uve, segnando l’esordio dei celebri SuperTuscan, che hanno guadagnato negli anni fama internazionale: ebbene, Vigorello è il capostipite di tutto ciò!» Qualche anticipazione sull’annata 2018? «Ovviamente è ancora molto giovane, ma sembra avere tutte le carte in regola per essere un’annata memorabile».

 

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